Abbiamo il piacere di porre qualche domanda a Pierluigi Piccini.
1) Caro Piccini, al di là delle polemiche come ha visto svilupparsi (o invilupparsi) l’amministrazione della Città in questi anni in cui è stato all’opposizione?
Cerchiamo di ragionare in termini politici. Durante il periodo che va dal 2006 al 2011 abbiamo cercato di costruire una forza alternativa all’asse PD/PDL con un’opposizione forte ed autonoma libera da condizionamenti di assetti e di copertura di incarichi. Giunti alle elezioni di quest’anno era per molti di noi naturale che si allargassero le alleanze con quelle forze che al di la della provenienza si dimostrassero disponibili al superamento del bipolarismo ormai in fase finale a livello nazionale, bene questa operazione politica non è riuscita e non è stata capita dagli elettori. C’è sicuramente un fatto soggettivo, non siamo riusciti a spiegare la proposta in tutta la sua valenza innovativa, ma dobbiamo nel dire questo, tener conto anche delle questioni oggettive. Le amministrative sono il terreno meno adatto per tentativi del genere, pesano su questo tipo di elezioni fattori e dinamiche eccessivamente localistiche e nella nostra città molto voto è un voto “controllato”, vedasi il grande numero di preferenze che sono andate ai candidati della maggioranza. Il terzo polo non è diventato un fatto nazionale perché si è presentato unito solo in qualche grande città e in pochissime di media dimensione. La consapevolezza di chi ha lavorato per una visione autonoma non era ancora matura per essere un elemento d’ordine (Gramsci). Comunque, a mio avviso, progetto politico che rimane valido per le prossime politiche. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e Siena si trova in una situazione di stallo aggravata da una riduzione quasi totale delle risorse aggiuntive di cui ha goduto in questi dieci anni. Cambiano gli esecutori ma gli strumenti sono sempre gli stessi. Mi arrivano voci di incontri, in vista delle nomine, tra esponenti di primissimo piano del PD e del PDL in terreno neutro come quello di Montepulciano. Pensi lei cosa può significare ciò per la “dialettica politica” cittadina. Il sindaco dopo un periodo elettorale oggi è tutto intento ad occupare le casematte del potere (Gramsci) è partito con la Fondazione e con la sostituzione del direttore generale ed oggi guarda all’università dando in pasto all’opinione pubblica la presenza degli enti locali ma di fatto vuole essere presente direttamente attraverso una sua nomina. Successivamente si dedicherà alle altre istituzioni o società che arriveranno a scadenza. Non farà altro che riproporre la sua visione della politica spostando la visuale da via Rosi a piazza del Campo. Strana forma di egemonia questa che non si basa sulle idee e le soluzioni ai problemi ma sulla gestione autoreferenziale del potere. Tutto ciò è oscurato dalle vicende del Palio che diventano lo strumento per distogliere l’attenzione: ricordatevi il giorno in cui è avvenuta la sostituzione del Parlangeli. Fatto automaticamente simbolico. L’informazione è impegnata in tutt’altro che evidenziare i problemi reali come la vicenda dell’indebitamento della Fondazione, il valore di quest’ultima o come dice Penati della scarsa redditività delle banche al di la degli stress test a cui non credono che in pochi; tralascio, non per l’importanza, la vicenda Università sulla quale ho già detto in precedenza. Ho appena letto le dichiarazioni del Ceccuzzi sul Sole 24 ore e mi è venuta in mente la frase di Popper citata da Alessandro Piazzi e rivolta a Visco, che conferma la sua visione della conquista delle casematte estremamente rischiosa in questo momento di discussione sulle Fondazione.
2) Al di là delle polemiche, ci sono delle sue decisioni prese quando era Sindaco che col senno di poi oggi non riprenderebbe?
Mi chiede della cultura a Siena, le rispondo invitandola a vedere lo stato dell’insegnamento della storia dell’arte oggi all’università di Siena e di compararlo con quello di alcuni anni fa: si darà lei stesso la risposta. Oggi anche l’entusiasmante passato artistico della nostra città diventa retorica, ripetizione: l’antico diventa vecchio; figuriamoci il contemporaneo. Proprio nel momento in cui le città sono chiamate ad una sfida inedita quella del rapporto internazionale (mondializzazione) con il locale. Quando le stesse istituzioni intermedie compresa quella statale acquistano sempre meno valore. Meriterebbe a questo proposito una riflessione sul vero significato dell’Expo a Milano. Come pensa la giunta di Siena di aiutare a ricreare ricchezza nel momento in cui i vecchi presupposti della crescita sono finiti? Mi riferisco alle visioni post keynesiane e neoliberiste, non c’è lontanamente neppure l’ombra di una riflessione simile, si propongono le coccole, ma non mi faccia ridere, avrebbe detto Toto.
3) Come vede il panorama culturale a Siena oggi? E che ne pensa della candidatura a Siena capitale della cultura 2019?
Questa domanda è legata alla precedente, sara molto difficile se non difficilissimo che Siena possa diventare capitale della cultura. Le dico, a mio avviso perchè: le sfide internazionali le città le vincono esclusivamente se allargano il proprio bacino di riferimento in ambito sociale, economico e culturale. Cosa che sta facendo Venezia, alcuni comuni dell’Umbria e mi sembra altri del ravennate. Siena è chiusa in se stessa nella solitudine, ormai fortemente compromessa, della sua autonomia finanziaria. Per questo Siena non avrà la forza di imporsi con il solo passato e con lo splendido isolamento. Dico tutto questo con rammarico perché poteva rappresentare un’occasione unica di rilancio ma troppo è stato trascurato in termini di opportunità in questi anni.
4) E a proposito di cultura, la principale istituzione senese, l’Ateneo, è nelle condizioni in cui è. Lei è stato sindaco ai tempi di Berlinguer e Tosi. Lasciavano, quelle amministrazioni, presagire che sarebbe finita così?
Il mio rapporto con Berlinguer non è mai stato idilliaco e abbiamo avuto diversi elementi di discussione dal Campus, alla questione del Palio straordinario per il 750 anniversario dell’università, probabilmente avevamo due visioni diverse di intendere i nostri ruoli. Il bello comunque, cosa che apprezzo ancora oggi, è stata la franchezza e la schiettezza delle nostre discussioni. Con Tosi il confronto è avvenuto sostanzialmente sulle questioni relative alla definizione del piano regolatore Secchi, nel rispetto delle scelte fatte in autonomia dall’Ateneo e verificate sul piano della fattibilità. Poi sa io termino di fare il sindaco nei primissimi mesi del 2001, quello che succede successivamente non mi appartiene.